Zuckerberg e la Grande Stanchezza
Caro Marco
Zukkaberg, sono Felice che ti saluta dal suo pertugio, un po’ lontano dalle
vette della Siliconvalle, dove tutto sarà certo intelligente e ottimista.
Purnondimeno anche qui non mancano i tuffi del cuore, anche perché stiamo nel
mezzo di un mare dove passano tante speranze e paure. C’è chi ci passa sulle
cannoniere, chi a cavallo di missili e bombardieri, c’è chi nuota in direzione opposta per
scansare le bombe e chi sprofonda sott’acqua, dove i sottomarini sfilano fra i
pesci allibiti o per lo più strafottenti. Mentre per fare un governo italico
ormai ci affidiamo alle magie di un circolo di prestigiatori fanatici e
storditi che se la spassano a sbeffeggiare Mattarella, che per l’ansia ha ormai
i capelli slavati a Dash, che più bianco non si può.
Comunque,
forse non te lo immagini, eppure anche in via Casalofio qualche cavo
dell’intiernet ci passa sottoterra o ci irradia dal satellite, accendendo i
telefonini che illuminano le nostre facce nella notte e i nostri più segreti
penzieri. Inzomma, più o meno.
Caro
Zukkaberg, intanto, come ha detto la televisione, sembrano tutti soddisfatti
delle tue scuse per aver venduto i nostri indirizzi e i nostri penzieri ai più
moderni e simpatici politici del momento, che poi non è cosa da strapparsi i
capelli. Certo non tutti hanno fatto salti di gioia e qualcuno si è offeso.
Così i senatori americani ti hanno fatto tutte quelle domande come se eri Peppe
Ricotta, il più grande ripetente che si ricordi in via Casalofio. Roba un po’
da comiche. E, alla fine, forse nessuno è ancora riuscito a capire cosa è
Feisbuk. Il succo è che tutto il mondo ti benedice per questa tua social
ideazione, che fa tutti più riuniti e incatenati e ormai non c’è telefonino che
scappa. E non c’è pranzo, felicità, tristezza, gatto grasso o magro, giramento
di scatole, pasticcino o comizio che non viene stampato su Feisbuk: onestamente
un vero scialo! Purnondimeno, anche i cani hanno capito che quando puoi
scialarti gratis sull’interniet, qualcun’altro ha pagato per spremerti il
cervello.
Caro
Zukkaberg, il professore Lo Pinto ci ha spiegato questa cosa dell’algoritmo e
solo il mio compagno Di Benedetto ci ha capito qualcosa. Infatti, lui ha
l’algoritmo della fame incorporato e in automatico sa come scroccare all’uscita
della scuola un’arancina a turno ai suoi compagni. Si guarda intorno come una
iena e in un microsecondo fa la radiografia delle facce dei compagni, mette in
moto l’algoritmo dello scrocco e va sicuro a domandarci due euri al pollo di
turno per comprarsi l’arancina. Un po’ come Feisbuk, se non ho capito male, che
l’algoritmo però ce l’ha nel cuore.
Ora, caro
Marco, c’è una cosa che non riesco a penetrare e forse tu puoi illuminarmi. Il
professore Lo Pinto dice che nel mondo il penziero si è ormai definitivamente
indifferenziato. Quasi come la spazzatura che in via Casalofio si accumula senza
speranza di separare una lattina dalle bucce del melone. Ciò significa che noi
scarichiamo i nostri penzieri come sacchetti di monnezza senza fare caso a cosa
c’è dentro? O forse che siamo indifferenti alla monnezza del penziero? O che i
penzieri stanno tutti insieme in
attesa che un algoritmo della Siliconvalle ne peschi qualcuno a pagamento per
spacciarlo come roba fresca? O che non abbiamo più un penziero ma solo
sacchetti biodegradabili da postare su Feisbuk ? O che i penzieri che
circoleranno saranno quelli degli algoritmi di chi paga meglio?
Inzomma, come sempre, c’è un ammasso di cose da sbrogliare. E solo tu forse
vedi qualche futuro per le nostre menti un po’ arretrate.
Stasera,
caro Marco, con Di Benedetto siamo scesi fino alla marina. Le gru dei cantieri
con le loro gradi braccia puntavano l’orizzonte. Ci siamo seduti sui massi che
parevano galleggiare sul mare. Lui allora mi ha detto che vuole ritirarsi dalla
scuola, perché non ci ha l’algoritmo giusto per capire dov’è il trucco. E che
per raccogliere lamiere e ferro fra i cassonetti dell’indifferenziata non gli
serve la scuola. Io ho cercato di convincerlo che non deve arrendersi. Che non
è questione di trucco. Né di algoritmo. Che tutti abbiamo sempre alle spalle
montagne di fatica per sprizzare un sorriso e che c’è una grande bellezza in
ogni uomo che cammina contro ogni attesa, ogni pregiudizio e che lotta. Lui mi
ha risposto che nei piedi sente solo la Grande Stanchezza.
Ora caro
Zukkaberg, chi è rimasto a preoccuparsi dei piedi di Di Benedetto o della vita
dei ragazzini che guardano il cielo solo per sapere se un missile gli pioverà
in testa? Chi? Purtroppo non
basteranno un miliardo di like su Feisbuk a salvarli. Dici che qualcuno creperà contento sotto una montagna di cuoricini cliccati? Non so.
Forse ha
ragione Di Benedetto: è tutto solo un trucco di chi possiede l’algoritmo
giusto.
E sono
Felice, che ti salutà educato, e ti augura un mondo di like più sentiti che mai.
Ciao Marco.
Felice Sghimbescio
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