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Anno nuovo, vecchia favola

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Care amici lettori, vi scrivo dal mio pertugio di via Casalofio, cioè da quella parte di Italia che le giornaliste educatamente chiamano periferia per non dire recesso, che onestamente è una  brutta parola. Purnondimeno con il nuovo anno ci hanno promesso un ponte sullo stretto di Messina o, almeno un nuovo progetto di ponte, che dal 1866 è il più costoso passatempo italiano. Ma ogni favola ci ha il suo perché, così anche il mio periferico sottoscala da cui sogno il mondo. Care amichi, per questo novello anno che si annuncia ricco di buoni propositi e di vecchie réclame mi piacerebbe raccontarvi una vera favola augurale lasciandoci alle spalle l’anno appena passato. Onestamente il 22 ha stato per il mondo un anno difficile da dimenticare e assai frizzante: di botti e fiammate sulla carne della gente ucraina, di corde al collo delle donne e dei ragazzi iraniani, dell’addio a una super regina, di pallonate mondiali in bellissimi stadi fra i fantasmi di migliaia di operai morti per cau