Il vecchio, il nuovo anno e il vaccino per i cervelli intasati


Direttamente dal sottoscala di via Casalofio 
il Messaggio originale di Felice Sghimbescio per il nuovo anno


Trasmesso su Radio Sghimbescia il 31 dicembre 2020


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QUI IL TESTO CERTIFICATO


Care amichi, eccoce qua, il vostro Felice non vi ha dimenticato per la via. Lo so che in fondo aspettavate qualche palora sghimbescia per restaurarvi l’umore in questa fine d’anno ammalorato. Lo so che volete giubilare della fine del 2020, vedendolo sdirrubbare giù per le scale dell’inferno per poi chiudervi la porta alle spalle. E so anche che ci avete un brividino che vi sale dal culo su per il cozzo, penzando che magari l’anno nuovo ci avrà voglia di qualche sgherzo con sgambetto disonesto per il futuro prossimo. Eppure cari amichi, è salutare coltivare il buon umore e ricordarse che fortuna e disgrazia sono spesso solo questioni di punti di vista. Dipende da dove guardi il mondo. Penzate per esempio ai vaccini. Nei paesi ricchi dice che ci si potrà vaccinare a tignitè: per esempio il Canada potrà vaccinare le suoi cittadini 6 volte, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna 4 volte, l'Unione europea 2 volte, mentre in Kenia o in Nigeria forse sarà una persona su dieci che ci avrà il vaccino. Ma, che volete, gli affari sono affari. 

Infatti anche noi per sfangarla in quiesti tempi di crisi ci abbiamo lo sponsor. Il Caffè San Chicco Tostato!



Care amiche, così eccoci qui a ripassare con sconcerto le cose storte di questo anno pandemonico che ci abbandoniamo alle spalle. 

In primis è stato l’anno che abbiamo capito che la panificazione casalinga non è cosa nostra e che il lievito più che madre è spesso matrigno. E poi, proseguendo, secondo l’ordine del più schietto caos italico e mondiale, è stato l’anno della gente chiusa nelle case o nelle baracche, di quella costipata nell’angolino del suo cuore palpeggiante. L’anno della Babilonia dei decreti di Giuseppi Conti, delle dicipiemme a ginkana e delle autocertificazioni da collezione. 

L’anno delle troppe amici che ci hanno lasciato, l’anno che faremo fatica a dimenticare. È stato l’anno che dovevamo riflettere ma non lo abbiamo fatto, l’anno che la vita, a dispetto dei buoni propositi, troppo spesso ci ha trascinato avanti come pecore stupite. È stato l’anno delle ultime fuoche d’artifici di Tramp e delle contorsioni di Salvini, che all’unisono si hanno compiaciuti immancabilmente con se stessi pure quando l’hanno scafazzata. L’anno che invece la Merkel ce la ricorderemo per un’emozione accuorata. L’anno che qualcuno si ha impegnato pure la collanina del battesimo per fare la spesa, ma le statistice non lo hanno contato. L’anno che “ce la faremo” ma che per qualcuno, rimasto solo nel suo buco, sono state solo chiacchiere e belle palore. L’anno che qualcuno proprio non ce l’ha fatta ed è meglio stare zitti. L’anno che i governatori italioti ne hanno dette di scotte e di crude, a giorni alterni, senza criterio e senza vergogna. L’anno che Bill Gates l’aveva detto, che Sgarbi ci ha definitivamente rotto, che Briatore e compagnia bella in fondo dovrebbimo averne pietà. L’anno che è stata colpa dei cinesi, degli extracomunitari, dei giovani incoscienti, dei vecchi! L’anno che dei vecchi chi se ne fotte. L’anno che Guzzini da Recanati “Io penso che le persone sono un po’ stanchi di questa situazione e vorrebbero alla fine venirne fuori, anche se qualcuno morirà, pazienza”. Che poi, in cuor suo, questo Guzzini forse penzava “almeno a chi sopravvive ci vendo le tazzine”, senza penzare che qualcuno le tazzine e le posate da insalata gliele avrebbe infilate su per il desaign. E poi care amichi il 2020 è stato l’anno che  i ragazzi sono diventati grandi di colpo, che gli amori clandestini lasciamo perdere, che gli amori fra i ragazzi lasciamo perdere, che lasciamo perdere tutto tranne le spese militari, che nel mondo favolosamente crescono alla grande, pure in questo 2020 pandemonico. Crescono anche se dovrebbimo ricostruire l’intero sistema della salute pubblica, anche se dovrebbimo ripensare cos’è il bene comune. Ma gli affari sono affari e così è stato l’anno che fu meglio vendere zitti zitti qualche nave militare ad Al Siso, tanto la verità su Giulio Regeni può aspettare. E chissa quanti ancora nei buchi neri del pianeta, in nome degli affari, dovranno aspettare in mano agli assassini. E poi, care amiche, parlando di affari, è stato l’anno d’oro di Amazzone, di Zum Zum e di Gugle, l’anno che ti accetto tutti i cuki purché mi fai vivere, viaggiare, vedere, basta che mi apri tutte le finestre di quest’interniet che è la nostra nuova Terra. L’anno che la Terra, quella vera, avrebbimo dovuto riscoprirla, capirla, che avrebbimo dovuto pensarla sorella, imparando a lasciare in pace i suoi virus rintanati nelle foreste vergini. Inzomma cari amichi, dovrebbi essere stato un anno che ci avrebbi dovuto aprire l’occhi incartapecoriti da troppo tempo, ma che forse, alla fine ci lascierà più imbambolati di prima. Purnondimeno anche se fossimo quattro gatti a grapere l’occhi, magari questi gatti ci faranno sperare in un tempo a venire un po’ meno da cani. Comunque, care amichi ed amiche, personalmente ci ho una piccola consolazione in quest’anno così storto e disgraziato: finalmente cominciai ad azzeccarci qualche congiuntivo! O no?

E poi, anche se non ve ne siete accorti, ci sono cose belle che in quest’anno ci hanno sorprenduto e solleticato l’anima: abbiamo fatto cose che non credevamo di saper fare, qualcuno ha scoperto di avere messo al mondo dei figli, qualcun altro ha scoperto di vivere nella stessa casa, qualcuno ha scoperto un libro dimenticato, qualcuno che vorrebbe fare altro della vita, qualcuni hanno scoperto di amarsi, qualcuno ha scoperto l’amici veri, qualcuno ha scoperto che la scuola è una cosa bella, che insegnare anche alle pesti è un regalo, che “com’era bella la mia classe puzzolente”, che impastare il pane, anche se non è cosa nostra, è bello, che i nonni è bello parlarci, che i vicini è bello parlarci, che forse è meglio parlare prima che dopo e qualcuno ha sfogliato quelle fotografie dimenticate e poi ha fatto una telefonata. E poi in Via Casalofio Pino Casullo ha mostrato al mondo il più verace gioco del calcio con l’abbullata più stratosferica d’ogni tempo, la signora Tanina ha insegnato al cane il Foxtrot e Felice Sghimbescio ha scoperto la radio!


Cari amichi, vedete, di questo anno che ci lasciamo nel didietro sarà meglio penzarci su fra qualche anno nell’avanti. Adesso è meglio goderci il silenzio dei tanti dubbi che ci ha lasciato. Aspettando un qualche vaccino che immunizzi il nostro corpo e lavorando da domani per quello che stapperà il nostro cervello intasato. Penzo, infatti, cari amiche che dovrebbimo ben riflettere su cosa vorremmo per gli anni a venire. Perché, a guardare con onestà, i mali di quest’annata disgraziata non sono tutti colpa del virus che ci ha assaltato sdilinquentamente alle spalle. Avremmo già dovuto capire che se non c’è più quell’ospedale, se non ci stanno più infermieri, se non c’è più ricerca, se i diritti stanno solo sulla carta, se c’è chi precipita nella miseria ad ogni crisi, se ti inchiudono in un’ospizio a tipo lager, che cabbasisi c’entra il virus? 

Da troppo tempo, care amiche, abbiamo perso il piacere di essere ciò che volevamo essere. Le paure e le urla dei barbari hanno ci hanno paralizzato. Hanno congelato le nostre lacrime e le nostre risate. In troppi abbiamo preferuto la raccomandazione alle diritte, la benedizione dei potenti alla lotta, il trucco alla fatica. E Abbiamo sopportato troppi delinquenti imboscati, troppi tradimenti, e tutte le pappette surgelate che ci hanno dato a mangiare. E adesso cos’è diventata quella libertà che urlavamo un tempo per le strade del mondo? Liberta di che? Di accattare, accattare, accattare e infine crepare con le rate scadute.

Ma a questo vaccino per i cervelli intasati qualcuno ci sta lavorando? E basterà una siringata? O dovessimo scarricare qualche app?

Facetemelo sapere per favore che ci libero un po’ di memoria nel telefonino. Quella della testa se ne sta svaporando da sola. 

E sono il vostro Felice che vi augura dal cuore un 2021 meno fescion e un po’ più vero.


Felice Sghimbescio

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